
L'autonomia come tale dovrebbe essere un valore che proponiamo e sosteniamo come forma di autogoverno e responsabilità. Se mancano questi requisiti, che uniti assieme fondano l'identità di una autonomia ancorata alla storia, alla tradizione e ad una prospettiva futura le idee che si sviluppano non possono che essere idee populiste.
Nel dibattito attuale l'idea prevalente è a mio avviso un'idea populista. Sia nei sostenitori del SI che nei sostenitori del NO l'idea prevalente è che dobbiamo votare Si o No per salvare e salvaguardare l'autonomia ma non per affermare, promuovere, indirizzare e in sostanza vivere in una dimensione dialettica e diacronica il grande valore che nella nostra terra questo termine ha assunto. Salvare l'autonomia come si salvano le specie in via di estinzione mi pare un'idea fortemente populista perché fa leva sui bisogni primari dell'uomo, l'idea di salvare ha a che fare con l'insicurezza del dopo, la perdita di supposti diritti acquisiti, l'incertezza del domani e quindi l'uso che si fa di questo termine è finalizzato a determinare scelte senza pensiero oppure a far scattare in noi assunti acritici e prepensati ma disarticolati da un contenitore di pensiero riflessivo.
Seguendo questa linea di pensiero mi sarei aspettato che i politici del Partito autonomista trentino tirolese, che per inciso votano SI, non seguissero l'idea della parziale salvezza dell'autonomia, dichiarando a più riprese che se passa il NO i rischi per la stessa saranno molto maggiori, ma all'opposto, con una visione molto più di lungo respiro, affermassero che l'autonomia è un valore e quindi va affermata e non difesa con una logica di "salviamo il salvabile e stiamo zitti affinché gli altri non ci tolgano i nostri privilegi". Come si è ridotto questo partito di naufraghi per dover citare, come ha fatto Panizza, un articolo di Michele Ainis scritto da poco sul quotidiano la Repubblica, dal titolo emblematico "Cinque superstati le regioni speciali" dove Ainis, secondo me a torto, descrive l'autonomia delle regioni speciali come blindata dalla riforma?
Panizza, il difensore dei vantaggi di bottega dell'autonomia ma non ormai della sua forte idealità non ha capito che il miglior metodo per affermare la nostra identità autonomista è quello di rafforzare le autonomie, il federalismo, o almeno il regionalismo delle altre Regioni, a partire da quelle a noi vicine come Veneto e Lombardia. Panizza non può fare come il bambinello che fa la marachella alla maestra e poi incolpa gli altri compagni per non farsi punire. Un vero autonomista deve rivendicare questo diritto non solo per sé ma anche per gli altri territori, altrimenti cade in un rituale difensivo e populista senza argomentazione alcuna, se non "io speravo che me la cavo" per citare un libro molto noto di temi in classe pubblicato anni fa da un maestro napoletano.
Anche gli autonomisti che votano per il NO usano il termine difesa dell'autonomia e l'argomentano con diversi temi che ruotano sinteticamente attorno alla perdita per la nostra provincia della clausola di maggior favore, del meccanismo dell'intesa debole, della clausola di supremazia statale e per la presenza di sempre più materie trasversali, tutte cose abbastanza tecniche che però sono bena argomentate e fanno comprendere chiaramente come le ragioni a difesa dell'autonomia da parte dei proponenti il NO sia fortemente giustificata. Tuttavia, a ben vedere, il loro non è un parlare alla pancia della gente ma è un pensiero più radicato e giustificato dalla propria sfiducia in uno Stato populista e centralista come sarà quello che uscirà inevitabilmente rafforzato da questa riforma. Uno Stato in cui, prevalendo il "stai sereno pirla ..." per ora ci lascia le illusioni ma domani si spolperà la sostanza.
Ma c'è un'altra ragione per cui il populista Panizza vuole salvare i privilegi e non assumersi gli oneri oltre agli onori che l'autonomia dovrebbe comportare. La nostra Provincia rischia nei prossimi mesi di andare verso una condizione di forte crisi economica: i soldi non ci sono più in quanto sono stati spesi in opere assurde o sono stati elargiti ai sistemi economici cooperativistici clientelari come la vicenda del SAIT ha dimostrato, le Casse Rurali sono sull'orlo di una crisi di nervi, opere come il Not assorbiranno i pochi denari rimasti e molti altri progetti dovranno essere accantonati. Il debito pubblico della nostra provincia, che già prima delle ultime regionali era di un miliardo e mezzo di euro ora si è ulteriormente aggravato.
Il bilancio della Provincia calerà drasticamente nei prossimi anni dai cinque miliardi e mezzo attuali fino ai meno di quattro miliardi fra qualche anno. L'accordo con il governo amico del PD da parte di Panizza e soci, se non risolvere questo profilarsi di una devastante situazione dei conti di cui già ora cominciamo ad avvertire le avvisaglie servirà almeno a cercare di mantenere un buon rapporto con lo Stato in modo da poter avere aiuti economici da parte dello stesso in caso di necessità. Voi capite, con beneficio di inventario di quanto ho detto, che siamo alla commedia dell'assurdo: Panizza vota per il SI in realtà non perché voglia salvare le prerogative di buon governo del nostro territorio ma perché sa che essendo la provincia in bilico economico potrebbe nel prossimo futuro aver bisogno di Roma.
Io ritengo, essendo autonomista, di votare NO al Referendum affinché il titolo V della costituzione rimanga tale e quale e che se una regione spreca la stessa possa fallire a fronte delle proprie iniquità, come succede negli stati federali dagli USA alla Svizzera, alla Germania. Se Panizza, Rossi e soci non sanno governare in maniera virtuosa se ne vadano e lascino il posto a persone più competenti ma non facciano accordi sotto traccia con il populista Renzi alimentando timori populisti tra le genti del nostro territorio.
* del «Comitato per la buona Costituzione: No alla riforma Renzi»