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Lo strumentale concetto di «comunità»

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Giancarlo Borluzzi AostaAosta, 17 gennaio 2017. - di Giancarlo Borluzzi

Caro Direttore, l'assenza di dibattito critico verso il Palazzo valdostano favorisce la sua malafede nel fingere la realtà regionale coincidente con quella in parte caratterizzante la Valle nel tempo che fu e questo al fine di contrapporre al resto dell'Italia il cinquecentesimo nostrano dei suoi abitanti. Grazie a questa tabula rasa della dialettica politica vera, il Palazzo finge inesistenti le specificità dei variegatissimi residenti in Valle, dipinti ad arte come una massa omogenea che troverebbe differenziazioni non all'interno della regione, ma solo nel rapporto col pianeta Italia.

Ma la Costituzione italiana è focalizzata sulla persona singola, ai diritti della quale sono riferiti suoi articoli fondamentali: le aberrazioni del Palazzo, causate da impreparazione fusa con l'integralismo di chi si illude di essere padrone di casa, portano a fingere che in questo francobollo d'Italia non contino gli articoli costituzionali, 2 e 3 in primis, bensì il destino di un'inventata massa omogenea utilizzabile per la propaganda del Palazzo stesso.

In tale distorto contesto vi è l'utilizzo improprio del termine "comunità", secondo cui i 125mila residenti in 3200 kmq e ben 74 comuni (caso clinico!) sarebbero accomunati da lingue defunte, da specificità etniche assenti tra italiani, dall'obiettivo di una "sovranità" regionale che esiste solo nel surreale statuto del partito localista più grosso. In Valle ci sono persone provenienti da ogni regione che non vogliono rinunciare alle proprie radici annullandosi in un fantasioso magma locale per supportare ideologie stralunate; ci sono residenti che amano la Valle per aspetti estranei a quelli che i localisti vorrebbero fingere un sentire comune. Il regionalismo è una scelta soggettiva che può essere rifiutata preferendo il mondialismo o visioni continentali o nazionali, o il ritenersi parte del mondo occidentale coi suoi valori di libertà o il sentirsi apolidi, come ci può essere l'amore per una regione diversa da quella di residenza.

Io non sono integrabile con chi ritengo estraneo mangiando parte dei 200 kg di carne di capra che una calabrese affiancatrice dei localisti ha comprato nella puerile illusione di amalgamare col regalo di tale cibo i residenti, né riconosco alcun valore al concetto di "comunità" espresso il 12 gennaio su questo foglio dal presidente dell'improponibile "Commissione per il nuovo Statuto della Valle d'Aosta". Questa è equiparabile a un ipotetico comitato nominato dall'Isis al fine di stabilire norme per le pratiche religiose, vista la sua sintonia metodologica con i localisti nostrani relativamente a fanatismi e integralismi.

La Valle non possiede nel 2017 caratterizzazioni inglobanti tutti; si possono ipotizzare tanti gruppi riferiti a chi li immagina esistenti, ma questi non devono importunare i residenti coinvolgendoli in macedonie forzate annullanti le specificità. Se il referendum del 4 dicembre avesse avuto altro esito, sarebbe uscito allo scoperto un team che avrebbe tuonato a Roma sul fatto che il principio dell'intesa Stato-Regione per le modifiche statutarie non autorizza il calpestare articoli costituzionali che oggi devono, tra l'altro, introdurre le libere scelte linguistiche.

Col bizzarro concetto di "comunità", unito all'ignorare che la Costituzione è calibrata sulla persona singola e non su contenitori di fantasia titolati a programmarla, i localisti vorrebbero togliere le autonomie principali dei cittadini, quella culturale e quella relativa alla salvaguardia delle specificità personali, ma l'intruglio ideologico è chiaro ed è necessario un reset di quanto in Valle è assurdo quanto l'ipotetico voler raggiungere in fuoristrada la vetta del Cervino.

Lo strumentale concetto di «comunità»

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