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Attaccati ai soldi e guai a criticare

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MontecitorioMonselice, 4 febbraio 2017. - di Adalberto de' Bartolomeis

Caro Direttore, ho letto la lunga disamina del deputato Lucrezia Ricchiuti, pubblicata sul quotidiano "Il Fatto Quotidiano" del 4 febbraio 2017, a sostegno ed accorata difesa del vitalizio dei parlamentari, che a suo dire, sicuramente ce ne saranno, fanno un lavoro di grande impegno e di profuso sacrificio, per cui, rispondendo, lei, pare, alla contrarietà di questo beneficio, da parte di Matteo Renzi, 4 anni e 6 mesi sono importanti per il raggiungimento minimo ad ottenerlo, puntualizzando, sempre lei, che non si chiama, peraltro, più così.

Per quanto, anche le norme siano cambiate a "svantaggio" di percepirlo solo al raggiungimento del 65^ esimo anno, io desidero rispondere alla signora senatrice che, a differenza di chi, si sacrifica, comunque, di più o di meno, comunque, per un lavoro che, per l'attuale sistema previdenziale, per ricevere una pensione deve, però, versare allo Stato ben oltre 40 anni di contributi obbligatori, esiste, di fatto, un divario sociale, una spaccatura netta con il popolo, che non è nemmeno più sovrano a rappresentare sè stesso in Parlamento.

Esiste un sistema, appunto, come ricorda la senatrice, dagli anni '50 che io indicherei più appropriatamente che si chiama ingiustizia sociale, discriminazione, purtroppo, legalizzata, da norme dello Stato che sono un orrore della democrazia italiana. Quanto, poi, a puntualizzare, sempre, la signora Ricchiuti che il parlamentare svolge un lavoro duro, eccetera, da quello che vedo, da come li sento parlare i nostri parlamentari, da come noto i loro atteggiamenti, da come rilasciano ed ostentano, spesso, interviste e si sforzano di essere educati ed equilibrati in pubblico, in particolare, negli studi televisivi, nutro, invece, profonde perplessità che siano così oberati da un lavoro faticoso, addirittura usurante.

Concludo: i nostri parlamentari, invece di ricevere, come sarebbe onorevole e dignitoso nei riguardi della società, la loro pensione a 65 anni, contrariamente ad un indennizzo unico, una sola liquidazione, congrua al loro servizio svolto, chiamata "una tantum", questo sistema che spacca in due la società e crea addirittura avversione, ribrezzo verso la politica nazionale, concluderebbe, a mio avviso, una distorsione istituzionale di ordinamento poco democratico.

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Caro dottor de' Bartolomeis, pubblico volentieri la Sua lettera, perché mi offre l'occasione per farLe sapere, in grandissima sintesi, la mia opinione, ma non mi illudo che serivirà a chiarire inesattezze e luoghi comuni.

Premetto che ciscuno di noi ha la sua storia. Nel mio caso, percepisco il vitalizio e non mi vergogno. Lo percepisco per le tre legislature che ho trascorso sui banchi dell'opposizione nel consiglio regionale del Trentino Alto Adige e nel consiglio provinciale di Trento, rappresentando, con lealtà ed onore, gli elettori del MSI, partito che nemmeno aveva il diritto di parola, secondo la demitiana e demenziale formula "dall'arco costituzonale".

Ebbene, prima di essere eletto in quell'assemblea legislativa, ho trascorso 15 anni da oppositore nel consiglio comunale di Trento, (percependo un gettone di presenza di 5 mila lire per i primi anni, elevato successivamente a 10 mila lire) sempre in rappresentanza di quel partito di cui sono molto, molto orgoglioso di aver militato fin da ragazzo e di cui conservo un ricordo nostalgicamente struggente e così l'esempio di grandi Uomini ((altro che casta!) come Almirante, Romualdi, Franchi, de Michieli Vitturi, Servello, Pazzaglia, Andrea Mitolo e altri ancora di cui mi onoro di aver fatto parte, anche per un sol giorno, di quel gruppo di deputati (rassegnai le dimissioni all'on. Iotti, presidente della camera, amcor prima di essere proclamato, perché optai per il consiglio regionale-provinciale).

Rivendico (ma quanti altri esempi potrei citare) che nella mia attività di consigliere regionale-provinciale di opposizone, feci recuperare all'erario provinciale 6,5 miliardi di vecchie lire (casi Sato e Coneco) che altrimenti sarebbero andati persi perché a pagarli furono gli "amici degli amici", nei cui confronti la Provincia di Trento sarebbe stata ignava ed inerte.

Prima di essere eletto consigliere regionale-provinciale, svolgevo la libera professione di fiscalista e consulente aziendale. Per non sottrarre tempo ed energie al servizio istituzionale (nel consiglio provinciale ero l'unico consigliere del MSI), chiusi lo studio e mi dedicai a tempo pieno all'attività legislativa che mi consentì anche di conseguire il primato del più presente.

Ora vengo al dunque. Le indennità percepite dai parlamentari e dai consiglieri regionali non sono stipendi e i vitalizi non sono pensioni. A dimostrazione di ciò dottrina e giurisprudenza a quintali

Equipararli a stipendi e pensioni, per dimostrare i privilegi della casta, si commette un errore concettuale e si alimenta l'antipolitica. Il paradosso, oggi, è che chi vuol far politica in Italia, a qualsiasi livello, fa l'antipolitica. La conseguenza? I disastri nazionali e locali sono sotto gli occhi di tutti.

E già che ci sono mi spingo oltre. Sono favorevole al finanziamento pubblico dei partiti.

Come avrebbe fatto un partito di opposizione come il MSI a far politica senza i soldi del finanziamento pubblico. Ma il MSI non fu nemmeno sfiorato da tangentopoli.

Inoltre, nessuno, in quegli anni (70-80) ci concedeva i locali in affitto per paura delle ritorsioni. Ci siamo comperati le sedi in tutta Italia con i soldi del finanziamento pubblico.

Quindi caro de' Bartolomeis, serve recuperare, a tutti i livelli, a cominciare dalla politica, ciò che un tempo veniva chiamato "senso dello Stato", sentirsi coinvolti e partecipi della comunità, ritrovarsi nel superiore destino nazionale, vivere l'amor di Patria nell'unità dei nostri campanili, ma per tutti un prerequisito, che viene prima di tutte le attività: l'onestà, compresa quella intelettuale.

Stavo per dimenticare, continuo nel mio impegno, anche senza partito, affrontando, di tanto in tanto (per fortuna superando) problemi di salute, nell'interesse della giustizia che mi osstino, fino a che il destino me lo consentirà, di perseguire con ogni mezzo.

Con i migliori saluti

Claudio Taverna

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