Aosta, 14 febbraio 2017. - di Giancarlo Borluzzi
Caro Direttore, i media devono informare con resoconti privi di terminologie partigiane perché le opinioni vanno ospitate nei fondi. Il termine "populista" viene inserito, con un quid spregiativo, all'interno di articoli come se l'opinione di un articolista possa essere imposta grazie a martellanti ripetizioni. Così si urta chi non è influenzabile dai ritornelli e si offende la democrazia illudendosi di poter formare i giudizi su temi bollati di populismo, cioè appannaggio di un ipotetico popolo superficiale, pauroso, capace solo di analisi epidermiche. Ogni posizione politica va rispettata e riferita asetticamente, poi ciascuno giudicherà prescindendo da pagelle stilate da altri.
Non è questa un'autodifesa perché le mie posizioni sugli argomenti che qualcuno ritiene populisti sono variegate, passando da condivisioni a opposizioni ed evidenziando più sovente giudizi non netti. Essere critici verso la NATO come oggi strutturata viene ritenuta una posizione populista, ma a chi la ritiene tale va ricordato che con la caduta del muro di Berlino è venuta meno la principale ragione di tale alleanza.
L'euro è stato una corazza per la nostra economia: richiede aggiustamenti ma non è eliminabile con avventure che i fautori del ritorno alle monete nazionali mostrano di non saper valutare appieno; però l'ipotesi dell'accantonamento dell'euro ha motivazioni con diritto di cittadinanza senza l'etichetta di populismo.
L'Europa così com'è ha i suoi limiti: si è erroneamente pensato che un'unione economica tra tanti Stati diversissimi fosse la premessa per giungere a un'ampia unione continentale, col risultato dell'attuale crisi comunitaria sia economica sia politica. Ma riconosco che una forma di unione tra soli partner omogenei sia necessaria, anche per il mantenimento di una moneta unica adottata da meno Stati; quindi non sono né populista né il suo contrario. L'immigrazione va regolata, considerate anche le spallucce dei teorici partner europei; non si può giungere a situazioni ancora più esplosive per pilotare finalmente la questione senza andare a rimorchio della stessa. E' giustificabile chi urla contro la fatalistica accettazione di una situazione non protraibile e cambi registro chi lo bolla di populismo.
Da ultimo, Donald Trump: il Presidente americano ha vinto le primarie e poi le elezioni, ora è condiviso dalla maggioranza dei suoi concittadini nelle scelte oggetto di strali mediatici, per cui giudico singolare il tacciare di populismo una politica calibrata su posizioni maggioritarie negli USA. Si offende l'intelligenza dei cittadini statunitensi utilizzando tale termine, chiaro sfogo subliminale di chi invidia quanto Trump ha creato come imprenditore.
Considerazione finale: chi utilizza il termine populista è un conservatore schierato di fatto a difesa di uno status quo che per molti necessita invece di aggiustamenti. Nessun media dovrebbe spargere tale termine come il sale sui cibi, esponendo eventualmente in soli interventi tematici sul populismo le proprie visioni, dubbiosamente esistenti se ci si limita al nascondino dietro la ripetizione di tale termine per propagandare un sentire che comunque non autorizza il discredito di chi la pensa diversamente.