
Il luminare ha sentenziato che le radici erano malconce anche per difetto di trapianto in quel di Roma e per gli sbalzi di temperatura (come se Spelacchio fosse una palma...) e dunque non potevano pescare nutrienti e quindi la pianta era necessariamente deperita. Avessero chiesto lumi ad una docente di storia medievale di Tunisi o di Alessandria d'Egitto (che conoscono la storia medievale anche d'Europa dove originano per epoca storica e luogo geografico gli alberi ad uso natalizio) o anche a un bambino di una scuola materna dell'arco alpino i giornalisti avrebbero avuto migliore responso: gli alberi di Natale che il Trentino (nel caso) offre ai "sudisti" sono segati alla base e sono quindi privi di radici!
Spelacchio è stato "massacrato" parte per errore nel momento dello "scartamento" ossia quando a Roma gli furono tolti gli involucri protettivi applicatigli per affrontare il viaggio e parte deliberatamente per scelta cretina di sfoltirgli la chioma per applicargli le luminarie in abbondanza.
Un errore dunque della ditta che ha curato trasporto e installazione di Spelacchio. Ma Spelacchio rimane comunque un albero superbo e non è affatto "morto" l'altro ieri, bensì nel momento stesso del taglio, pur con una certa qual resistenza delle varie cellule (qui importano quelle fogliari) in considerazione dell'incipiente stato di ipobiosi della pianta stessa (tardo autunno) e tali cellule potevano "salvarsi" con opportuni trattamenti inibenti la disidratazione.
In definitiva: Spelacchio è stato "massacrato" esteticamente da una ditta di magliari, ma rimane ugualmente un gran bel peccio che può restare eretto senza problemi fino all'Epifania come da tradizione e soprattutto la sindaca con le orecchie a sventola e il muso di topo almeno per Spelacchio non ha alcuna responsabilità.