
Al netto di ciò, comunque, bisogna con onestà intellettuale abbandonare il politicamente corretto e affrontare i (tanti) dubbi che derivano da decisioni come quelle prese dall'amministrazione comunale torinese. E, sia chiaro, non perché il sottoscritto sia intollerante nei confronti delle unioni tra persone dello stesso sesso, perché tutti sono liberi di avere il compagno che desiderano.
Ma in relazione al bambino e al suo sviluppo della sua psiche, nonché alla tutela della sua percezione del mondo. Un giorno, infatti, a Giorgio bisognerà spiegare perché chiama mamma sia Maria che Anna e si farà delle domande a cui bisognerà rispondere: 'da chi sono nato?', 'da Maria o Anna?', 'e di chi era il 'seme' che ha fecondato l'ovulo?'.
Insomma, c'è più di una ragione etica che mi fornisce molti dubbi sia sulle tecniche di procreazione assistite sia sui riconoscimenti giuridici, soprattutto senza una legge nazionale che regoli la cosiddetta stepchild adoption anche per le coppie omosessuali.
Vale a dire, l'Italia ha bisogno di un regolamento comune e non del principio del 'tribunale che vai, sentenza che trovi' o del 'comune che vai, registrazione che trovi'. E non bisogna mai perdere di vista che il soggetto da tutelare non è il diritto impersonale delle coppie omosessuali ad avere un figlio 'proprio' ma ogni bambino sia quello che non è nato sia quello che c'è già e attende di avere un genitore che si voglia prendere cura di lui.
Due adulti non hanno il diritto di diventare genitori ma un bambino ha il diritto ad avere un padre e una madre.
Agire per il Trentino