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L'abiuria elevata a sistema

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Trento, 28 maggio 2018. - di Marika Poletti

Caro Direttore, un politico che antepone gli interessi nazionali alle pretese esterne è uno statista; un sindaco che prende come interlocutore primario il proprio concittadino è un buon amministratore. Leggiamo questa frase e memorizziamola perché si autodistruggerà in pochi secondi. O, meglio: si è già annientata da diversi decenni.

Ora lo statista viene presentato come un criminale guerrafondaio ed il buon amministratore come un razzista. Sovranità è un termine sconosciuto quando non addirittura presentato come una parolaccia: dobbiamo cedere costantemente quote della nostra legittimità ad esistere.

C'è chi ha avuto il coraggio e l'onestà intellettuale di affrontare l'argomento, attirando su di sé le scontate ire dei benpensanti. Ricordiamo, come omaggio al suo pensiero ora che non è più tra noi, Ida Magli che in un lucido articolo pubblicato da Il Giornale chiedeva retoricamente cosa un politico dovrebbe mai fare per essere accusato di tradimento, constatando che l'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano aveva "sicuramente tradito la Costituzione costringendoci a vivere nell'illegittimità del colpo di stato compiuto chiamando Mario Monti a governare, continuando fino ad oggi a non indire mai le elezioni, mantenendo in vita un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Consulta in quanto dichiarata illegittima la legge elettorale con la quale è stato eletto". Chiara, precisa. Inconfutabile.

Del resto siamo tutti figli del neoliberismo che diviene neoliberalismo e neo libertinismo: siamo stati educati nell'insofferenza nei confronti dei lacci e lacciuoli che regolano il rapporto nel contesto sociale, in quello economico ed addirittura sul piano degli affetti familiari.

Siamo pronti a tradire chiunque e per qualunque ragione, anche la più futile; dare la propria parola non è più sinonimo di garanzia ed anche le convinzioni più viscerali conoscono il significato della parola tradimento.

Nel 1974, mentre in Italia eravamo ancora in preda ai fumi del '68, tornava in Giappone Hiroo Onoda, uno degli ultimi soldati fantasma, quel manipolo di militari che vissero per decenni nella giungla non avendo ricevuto l'ordine di arrendersi, ignari che la Seconda Guerra Mondiale si concluse nel 1945. Solo 29 anni dopo Onoda rientrò in Patria, dove fu accolto con tutti gli onori dal Governo. Se ciò fosse accaduto ad un combattente della RSI nella migliore delle ipotesi sarebbe stato oggetto di irriverenti barzellette ma, molto più probabilmente, trattato con il sospetto dell'apologia di un ideale che si vorrebbe cancellare dalla storia nazionale.

Siamo invece maestri nella grossolana arte dell'abiura: rinnegare qualunque cosa su semplice richiesta del regime democratico diviene una regola. Basti pensare al processo di rieducazione a cui il Patron della Barilla fu sottoposto dopo aver dichiarato che negli spazi pubblicitari della sua ditta sarebbero comparse unicamente famiglie tradizionali. Nel giro di poche ore si è scatenato il finimondo, tanto da imporre all'imprenditore una resa incondizionata nei confronti delle istanze del mondo omosessuale registrando un video in cui diramava in mondovisione le sue scuse. Una scena davvero pietosa in cui Guido Barilla pare vesta gli abiti di un prigioniero che rilascia le sue ultime dichiarazioni sotto la minaccia di un proiettile piantato in fronte.

Arriverà un giorno -forse-, ma sarà comunque troppo tardi, in cui ci si renderà conto che coloro che ci hanno portati a questo punto sono meritevoli di una condanna per alto tradimento nei confronti del popolo italiano e responsabili in solido della sua distruzione.

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