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La beffa di una famiglia del Trentino rimane sotto silenzio

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Gian Piero RobbiUna storia in cui il fallimento delle politiche sociali gioca un ruolo chiave: ma è giunto il momento di sapere la verità

Trento, 5 gennaio 2020. – di Gian Piero Robbi

Egregio Direttore, l'Italia è il Paese in cui le vicende mediatiche sono tanto complesse e suggestive da sembrare quasi irreali. Inutile cercare di enumerare le storie che sarebbero potute essere la trama di un perfetto film (tragi)comico, ideale per sbancare al botteghino.

Prova ne è proprio quello che viene pubblicato oggi dalla stampa locale, ovvero i Malati terminali di Alzheimer snobbati dall'attuale Assessorato alle Politiche Sociali.

Eppure, in uno Stato in cui la cattiva gestione delle politiche sociali viene spesso citata allo scopo di far leva sulla coscienza di una classe politica sempre più allo sbando, sono pochi quelli che ancora si interessano al caso di una famiglia del Trentino (ho omesso il Cognome per ovvie ragioni di Privacy) Il rischio di una casa pignorata e di una vettura attrezzata sequestrata a seguito delle somme previdenziali assegnate in maniera illegittima da un dipendente della pubblica amministrazione, al padre della Ragazza, rimasta paralizzata dopo un incidente in piscina. Se la vicenda non è ancora chiara, questo dipende in parte dall'intricato susseguirsi di eventi che hanno fatto indignare la comunità di Valle Alta Valsugana e Bersntol, in Trentino.

L'impiegato disonesto è stato condannato in appello a 4 anni e 8 mesi di reclusione a seguito delle indagini che hanno messo in luce la truffa sociale con cui era solito "arrotondare lo stipendio": l'uomo avrebbe fatto ottenere gli assegni di mantenimento anche a coloro i quali non rientravano nelle casistiche vigenti, incassando una tangente per il servizio. E così, all'ignara famiglia è stato chiesto di restituire il denaro incassato per ben sei anni a favore della figlia tetraplegica, per un totale che si aggira intorno ai 15.000 euro. Il risultato? Le indagini hanno rilevato ben 180 nuclei sociali interessati nella comunità trentina e una vicenda che lascia in bocca un sapore amaro, quasi velenoso. Il padre aveva sollevato voci di disperata protesta, cercando di ricostruire le vicende che avevano portato a un inganno in cui - la vera vittima - rimane la figlia, la ragazza che con i suoi deficit aveva sperato in uno Stato che sì l'avrebbe aiutata, ma in modo onesto.

L'Italia, però, non è solo il Paese in cui alcune barzellette assumono dei contorni pericolosamente realistici: il nostro orgoglio tricolore non può che basarsi spesso su una lenta e vile incuria delle vicende che smuovono la cattiva gestione delle politiche sociali. Nessun giornale ha più scritto della famiglia, nessun rappresentante politico ha sollevato la domanda che tacitamente la comunità continua a porsi. La questione era già stata trattata dal sottoscritto. Cosa ne è stato della sventurata coppia? Chi ha pagato per gli errori di Paese che - nell'inganno - non ha avuto il coraggio di lasciar cadere a terra la sua maschera di indifferenza, per guardare in faccia la realtà? Ne sapremo sicuramente di più alla prossima campagna elettorale dove tutti i candidati si bagneranno le labbra con i problemi sociali della nostra terra.

L'auspicio è che si abbia nuovamente la forza di parlare in difesa di chi - chiedendo aiuto allo Stato - è stato piuttosto aggredito.

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