Trento, 6 settembre 2020. - di Giannantonio Radice
Egregio Direttore, scrivo queste mie alcune note ancora sotto lo shock emotivo per la scomparsa di Philipe Daverio, persona che ho avuto la fortuna e il privilegio di conoscere. Parlare di Cultura e identificare nella sua figura un "portatore sano" di idee e modi comportamentali grazie alle sue dotte esposizioni e sagaci interpretazioni di opere d'arte e di periodi storici dell'umanità nel suo complesso, è sempre stata la naturale e conseguente conclusione delle sue affascinanti lezioni.L'ascoltarlo mi ha rivelato che la Cultura vive il paradosso di essere nel medesimo tempo la cosa più facile e più difficile da esporre perché racchiude in sé un lato trascendente-didattico e uno legato a uno spicciolo pragmatismo.
Come non essere rapiti (anche se da "ignoranti" e/o da impreparati) da un dipinto o da una scultura che producono su di noi una emozione che non sappiamo spiegarci ma che improvvisamente viene tradotta, resa semplice, visibile e ancor più coinvolgente dalla spiegazione di un Maestro in grado di rendere chiari ed esaltanti particolari e collegamenti che mai avremmo potuto scorgere! Come non sentire entusiasmo o anche avvertire un nodo in gola nel leggere un libro trovando soddisfazione o sollievo nel vivere la descrizione di situazioni e stati d'animo che magari ci siamo a volte trovati a vivere senza che riuscissimo a dare razionalmente un volto agli eventi che ci hanno travolto! E che dire ancora della musica, dell'armoniosità dei suoi accordi e dei ritmi cosi coinvolgenti letteralmente "bevuti" e fatti propri da chi li ascolta!
La Cultura è tutto questo..e altro; sono sensazioni che ci vengono continuamente trasmesse che sembrano appartenere a un mondo parallelo che se non si intercettano in modo pieno e maturo,superando così la superficialità alla quale purtroppo ci siamo adattati, ci possono imporre la resa. L'essere, solo in qualche occasione, sfiorati dal mondo, che invece desidereremmo, non è sufficiente per avere i positivi e auspicabili benefici nel quotidiano vivere civile. Deve avere ambiti sempre più ampi e percorribili perché la Cultura insegna lealtà, insegna fedeltà, insegna a scegliere senza condizionamenti aprioristici, insegna quando è il momento di decidere, quello di mediare e quello di rivedere in toto le primitive convinzioni; insegna e trasmette, insomma, Libertà e Democrazia.
Il mondo perfetto è certamente una utopia ma tendere ad avvicinarsi a forme di convivenza meno becere di quelle attuali dominate da ignoranza , incapacità e pregiudizi, è una cosa sicuramente possibile incrementando quell'habitat culturale a cui tutti si ispirano (troppe volte .purtroppo, perché è atteggiamento "snob") ma che nei fatti viene ad ogni occasione respinto. La triste conseguenza si manifesta così nel taglio effettuato con disarmante disinvoltura di fondi e quindi di investimenti nel settore e il rifiuto di affrontare con serietà l'argomento. Le proposte e i progetti avanzati nelle più disparate competizioni elettorali occupano sempre posizioni marginali e argomenti da non discutere. E' questa la parte "difficile"della Cultura da far capire.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. Fino a quando la Cultura non sarà considerata una Priorità, un Paese non potrà mai dirsi Civile.
Ma qualcosa, a livello locale e nel suo piccolo, potrebbe cambiare....