Sab04012023

Last update08:01:15

Back Home News Rubriche Lettere dei Lettori Ricordare la figura di un valoroso soldato

Ricordare la figura di un valoroso soldato

  • PDF
Valutazione attuale: / 15
ScarsoOttimo 

Monselice, 12 maggio 2022. - di Adalberto de' Bartolomeis

Egregio Direttore, mi ha colpito lo scritto che di seguito desidero riportare, tratto da un mio amico, appassionato, cultore di storia.

Il 12 maggio di 52 anni fa moriva il generale Władysław Anders, organizzatore dell'esercito polacco in URSS, comandante del 2° corpo d'armata polacco, riconosciuto eroe di Montecassino.

Non accettò mai la sovietizzazione della sua patria. Terminato il secondo conflitto mondiale, nel 1946 le autorità della Repubblica popolare comunista di Polonia lo privarono del grado di generale e della cittadinanza polacca. Per sua volontà le sue spoglie mortali riposano insieme a molti suoi soldati nel cimitero di Montecassino.

La guerra che si concluse nell'aprile/maggio del 1945 con la disfatta delle potenze dell'Asse non fu altro che l'ultima fase di un'unica guerra, iniziata nel 1914 e risoltasi 31 anni dopo con la divisione dell'Europa. Un prezzo altissimo venne pagato dalla nazione polacca, di cui Hitler tentò il genocidio e Stalin conseguì il dominio. Dopo la caduta del comunismo, la Polonia ha conosciuto ulteriori cambiamenti, che hanno mutato sapore anche ai ricordi. Ma nella "izba pamięci", la stanza delle memorie, nelle dimore polacche, il ricordo del generale Anders e della sua armata è destinato a durare nel tempo e con esso gli antichi e profondi vincoli di amicizia e di solidarietà tra la città di Bologna, l'Italia in genere e la Polonia.

A Montecassino, sul grande cippo che sovrasta i gradoni del cimitero polacco, costruito ad anfiteatro, si legge: "Per la nostra e la vostra libertà donammo a Dio l'anima, al suolo d'Italia il nostro corpo, alla Polonia il cuore". È lì che nel cimitero militare polacco c'è anche la tomba del generale Władyslaw Anders, morto il 12 maggio 1970, il quale, dopo aver girato mezzo mondo e risalito con le truppe alleate l'Italia, ricevette nel maggio 1944 l'ordine di conquistare Montecassino, che i tedeschi difendevano da mesi dai vari assalti delle truppe alleate della Quinta Armata. Sette giorni dopo l'inizio dell'operazione le bandiere della Polonia e del Regno Unito sventolavano lassù. La battaglia di Montecassino, la più grande battaglia combattutasi nella penisola, spalancò alle truppe alleate le porte di Roma.

Gran parte di questi soldati erano stati catturati dai sovietici nel 1939 e deportati in Siberia, in forza dell'accordo Ribbentrop-Molotov, che permise a Hitler di sferrare l'attacco all'Europa Occidentale. Quando l'Urss venne aggredita da Hitler, nel giugno del 1941, cominciarono da parte del governo inglese le pressioni su Stalin perché acconsentisse a liberare i superstiti prigionieri polacchi, dirottandoli verso il Medio Oriente, dove sarebbero stati addestrati da ufficiali britannici. Stalin fu costretto ad accettare le sollecitazioni di Londra: aveva troppo bisogno degli aiuti occidentali per intestardirsi in un rifiuto. Ecco perché Anders e i suoi uomini non vedevano l'ora di misurarsi con gli odiati tedeschi. In attesa di regolare i conti con i sovietici.

Il Generale Anders, ferito gravemente tre volte nel 1939, fatto prigioniero e deportato nella famigerata Lubjanka di Mosca, era stato liberato ai primi di settembre del 1941, in condizioni fisiche tutt'altro che eccellenti e nominato comandante supremo del costituendo esercito polacco. I sovietici però non si curavano affatto di mettere a disposizione dei soldati polacchi, come previsto dagli accordi, i mezzi di trasporto destinati a portarli nei campi di raccolta. I Polacchi si trascinarono scalzi, stracciati e ridotti a scheletri, fino ai campi d'addestramento di Tetzkoje in Russia. Anders comunque riuscì a raccogliere decine di migliaia di soldati. Gli uomini di Anders vissero in un primo tempo sotto tenda a temperature di 57 gradi sotto zero e privi dei viveri necessari. Il generale chiese allora ed ottenne, in un colloquio con Stalin, di poter trasferire i suoi uomini nel Medio Oriente, dove si sarebbero trovati più vicini alle fonti di rifornimento occidentale. Così, attraverso dure peripezie, solo 114.000 polacchi (dei 1.600.000 deportati: uomini, donne, bambini) raggiunsero l'Irak, per porsi sotto la tutela della IX Armata britannica. Molti impiegarono un anno per potersi rimettere dai danni alla salute cagionati dalla prigionia sovietica. I combattenti dall'Iraq passarono in Palestina; cinquantamila restarono in medio Oriente, altri cinquantamila vennero spediti in Italia. Il corpo alleato polacco, dopo aver partecipato alla battaglia di Monte Cassino, risalì la penisola verso Bologna via Ancona. Altri cinquantamila combattenti si sarebbero aggiunti verso la fine del conflitto per entrare in azione sul fronte italiano. I caduti polacchi nella campagna italiana furono 17.000.

L'apporto di questo numeroso corpo di spedizione, in seno agli alleati, fu determinante, soprattutto, per la presa di Bologna, coronamento di tutte le difficoltà incontrate, che aprì agli anglo-americani la Val Padana, determinando la resa dei tedeschi. Ancora una volta era stata la forza a decidere a Yalta, agli inizi di febbraio del 1945, del futuro assetto nazionale polacco. I combattenti del generale Anders furono fermati a Bologna, anziché fatti proseguire verso Ferrara ed il Veneto e la strada di casa, come stabilito dai precedenti piani operativi. Nelle intenzioni di Stalin, consenzienti gli Alleati, la Polonia doveva entrare a far parte della sfera di influenza sovietica, una decisione che i polacchi non potevano accettare.

Dopo essere stati compagni d'arme si sentirono traditi dagli Alleati, volevano tornare in patria a combattere contro gli occupanti sovietici. I polacchi erano vincitori, tuttavia non fu loro consentito di partecipare con i propri reparti alla sfilata alleata alla fine della guerra.

I polacchi avevano liberato un terzo del Paese lungo la costa adriatica, da Ancona a Bologna, ma la retorica della Resistenza in Italia attribuiva i meriti della Liberazione ai soli partigiani. Nella logica della guerra fredda, ai comunisti italiani risultava incomprensibile il "pathos" antisovietico dei polacchi in uniforme – operai, contadini, intellettuali – ai quali, a loro volta, era inconcepibile come gli Italiani, appena liberatisi da un totalitarismo, intendessero affidarsi volontariamente ad un altro.

Circa tredicimila rientrarono comunque a loro rischio nella Polonia occupata dall'Armata Rossa; tra di loro, molti ufficiali vennero arrestati o discriminati. L'Inghilterra concesse a molti ex combattenti nel '46 lo stato di asilo politico, ma non la cittadinanza. Una parte dei polacchi rimasti in Italia andò a studiare a Bologna, Torino, Milano, Firenze, Napoli. Alcuni si stabilirono nelle località per le quali erano passati durante la guerra, dove avevano preso moglie: Puglia, Marche, Emilia Romagna, o nelle città dove si erano fermati a studiare. Una gran parte dovette emigrare in Sud America, Sud Africa, Stati Uniti.

L'esilio divenne una condizione definitiva. (scritto riportato da un anonimo cultore di storia)

(nella foto il generale Władysław Anders)

Ricordare la figura di un valoroso soldato

Chi è online

 199 visitatori online