Basta soltanto che la mano che stringe un'altra o tocca chissà cosa la si porti alla bocca o alle narici del naso, o sul viso stesso e le probabilità di rischio ad un qualsiasi contagio virale diventa elevatissimo. Non parlo quindi e solo di Covid. Tuttavia queste "santifiche" mascherine che già all'epoca della Spagnola hanno risparmiato molte vite umane, nonostante i milioni di morti che ci sono stati nel mondo mi pongono una riflessione di carattere sociologico.
Si dice spesso che la comunicazione, sia verbale come quella non verbale, mediante l'uso della mascherina, ammettiamo quella maggiormente consentita, la FFP2, è legata ai muscoli peri-orbicolari della bocca.
Le maschere del Seicento li metteva in risalto e migliorava la comunicazione emozionale. Attualmente io sono incline a pensare, invece, che con il suo uso, necessario in certi ambienti, ottunde più la comunicazione verbale che quella con gli occhi, perché in entrambi tipi di comunicazione vengono alterate in modo significativo la capacità di trasmettere e riconoscere le emozioni facciali.
Inoltre l'uso della mascherina potrebbe anche influire sul solo ascolto della parola se si hanno anche problemi di udito. In sostanza potrebbe avvenire che, in una limitazione della comunicazione verbale e quindi della semplice trasmissione del parlato ci sia una distorsione negativa della propria esperienza emotiva, se poi trasliamo questo tipo di rapporto soprattutto tra paziente e medico.
Sono molti i casi specifici in cui l'obbligato uso della mascherina rappresenta un importante problema sociale, da non sottovalutare, perché potrebbe instaurarsi una compromissione dell'empatia.