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Gli effetti di una guerra con le sue atrocità

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Monselice, 11 gennaio 2023. – di Adalberto de' Bartolomeis

Egregio Direttore, lo sappiamo: non può esserci una guerra che non procuri una miriade di atrocità. Si va dalle devastazioni di vite umane, con una moltitudine di uccisioni, morti dirette sotto le due linee di fuochi avversari, per giunta trovandosi in mezzo, oppure con semplici e dirette esecuzioni sommarie, mattanze gratuite, spari che ti raggiungono e alla fine non sai da quale parte arrivino, ma intanto ci rimani secco, fino ad altre morti indirette, per case, edifici, fabbricati che ti crollano addosso perché resi pericolanti da uno o continui bombardamenti.

Poi restano altre devastazioni sul suolo, che sono difficili a ricancellarle, come grosse buche, veri e propri crateri per colpi di mortai, missili, granate che alterano per sempre la morfologia del terreno. L'elenco di queste disgrazie è indubbiamente lungo e potrebbe continuare, ma vorrei soffermarmi ad un altro tipo di devastazioni: quelle mentali, quelle prodotte da conflitti armati che se perdurano nel tempo rischiano di minare per sempre chi, inerme, come al solito, non ha proprio nulla a che fare per subire delle conseguenze altrettanto devastanti.

Il giorno della Befana, nel primo pomeriggio, da dove abito, mi sono recato a fare un giro presso un aeroclub dove coltivo un "hobby", da molti anni: quello di volare. Se il tempo é brutto é solito incontrarsi con altri soci piloti ed intrattenersi all'interno del "club-house" per chiacchierare. Il campo di volo predispone per gli ospiti di un piccolo parco giochi, ben attrezzato, costruito per i bambini, di chiunque voglia accedervi e non necessariamente solo per i familiari dei soci. Questa volta però ci ho trovato un mio vecchio amico pilota d'aereo ultraleggero che sapevo che prima di Natale si sarebbe recato in Ucraina, a kherson per andare a trovare le sue figlie, la sua compagna, madre delle figlie ed altri familiari in cui si è congiunto quando ha vissuto diversi anni in questa città, suddivisa tra tre distretti: Suvorov, Dnper e Korabel'nyj. Era nel parco giochi con le sue bambine. Se le era portate tutte e due. Lo diceva quando stava per partire, ma non ne era convinto del tutto. Sapeva che le avrebbe, intanto, strappate dalla loro madre e dai nonni. Un anno di differenza queste sorelline: 6 anni una e 7 anni l'altra.

Giocavano e ridevano divertendosi tutte e due, entrando ed uscendo da una casetta di plastica. Lo facevano in continuazione, ma quando mi avvicinai a loro due, non mi parlarono in italiano, ma mi sorridevano come tanti bambini sanno fare. Solo che loro due continuavano a fare continue smorfie con la bocca, a chiudere gli occhi rincorrendosi e ponendosi tutte e due le mani, formando un pugno sui lati delle orecchie, come se di colpo non dovessero sentire, per il troppo rumore e fastidio, abbassando, di colpo, la testa.

Facevano boom boom ed il verso con la bocca che simulava il suono di un mitra o boom boom, che ricordava gli evidenti scoppi di bombe o va a capire che cos'altro...non difficile immaginarlo. Il loro babbo, tuttavia, felice di averle strappate dagli orrori di una terra, che non si sa per quanto tempo ancora sarà dilaniata da inutili e stupide catastrofi, era purtroppo rammaricato da un evidente trauma che le sue bambine potrebbero portarsi chissà per quanto tempo. Mi diceva che le vedrà crescere in fretta ed io percepivo nel loro boom boom e ratatatata, con gli occhi che si chiudevano in continuazione, strizzando le palpebre, che anche se erano forse felici di trovarsi in un luogo sicuro, tranquillo, decisamente diverso da quello dove sono nate e cresciute, purtroppo dentro la loro testa è indubbio che si siano portate i segni della guerra che là c'è, in Ucraina, per cui è inevitabile che possano crescere molto rapidamente.

Chissà cosa hanno visto queste povere bambine? Tra qualche giorno, però, saranno già a scuola, inserite in un percorso didattico e soprattutto di recupero psicologico. Non torneranno più a casa loro. La loro casa, ora, è qui in Italia, ma un giorno ritorneranno quando tutto sarà finito, con la speranza di poter riabbracciare la loro mamma ed i loro nonni che per ora si limitano a sentirli con il telefonino del loro papà o con il computer.

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