Roma, 5 Luglio 2012 - dal Signor Giuseppe Bracaloni riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Vorrei puntualizzare che: LA LIBERTÀ DI STAMPA che molti giornalisti invocano non è quella di mettere il mostro in prima pagina o di fare notizia a tutti i costi. LA LIBERTÀ DI STAMPA è una cosa seria e come tale va usata. Chi non è in grado di comprenderne l'importanza e non la sa "usare" non può considerarsi un giornalista, ma un semplice scribacchino che scimmiotta un vero giornalista.
Calunniato per smanie di protagonismo. Mi chiamo Pino e rappresento il sintomo di un'Italia malata. Già, perché per una serie di vicissitudini, pare che io possa incarnare perfettamente l'emblema di quanto di più abietto ci sia nel nostro Paese. Per chi non conoscesse l'accaduto cercherò di riassumere i fatti. Forse ricorderete che a fine aprile sulla Via Tuscolana si è verificato un grave incidente che ha visto come protagonisti due giovani.Un ragazzo alla guida della propria automobile investe ad un incrocio un ciclista che versa tuttora in gravi condizioni. La notizia, seppure drammatica, non è più questa, ma lo diventa quella di un terzo giovane, Massimo Cibelli che afferma di essere stato licenziato perché il datore di lavoro, non gradisce il suo allontanamento dal bar dove lavora. Ma il suo licenziamento non ha nulla a che vedere con la sua assenza, circostanziata ai momenti dell'incidente. La causa semmai, lo è la sua ripetuta negligenza.
In questo caso si tratta solo di 40 minuti, ovvero il tempo che occorre perché possa prestare soccorso al suo coetaneo che, a suo dire nessuno si degnava di aiutare. Ma questo, secondo lui e secondo quanto riportano i giornali, è stato sufficiente per essere liquidato, e per di più con un terzo di quanto dovuto. Stante così la storia chi non inorridirebbe davanti a un tale racconto?
Quando si fanno titoli ad effetto del tipo "soccorre ciclista, licenziato" o commenti come "è una storia vera, che supera ogni fantasia" e si pubblicano dichiarazioni senza che prima ci si accerti della loro veridicità e soprattutto senza contraddittorio, viene normale ritenere che l'intento sia solo quello di catturare l'attenzione dei lettori.
Peccato che non ci si preoccupi affatto delle conseguenze che la diffusione di tali affermazioni porterà alle persone coinvolte. L'importante è sfruttare l'onda emotiva dell'opinione pubblica. Creare il mostro da sbattere sui giornali dando visibilità e rilievo alla sua vittima che pur di apparire agli occhi delle persone come un eroe arriva a mentire, ad accusare e anche a diffamare.
Io ho 63 anni, lavoro da quando ne avevo 14, ma sono bastate delle dichiarazioni riportate dall'agenzia stampa ASCA, che per prima ha trasmesso la notizia, poi ripresa dalle più svariate testate giornalistiche, sul web e commentate sui social network per essere investito da falsità, insulti e minacce che non penso di meritare. Per questo, dopo aver effettuato regolare denuncia per diffamazione a mezzo stampa presso gli organi preposti di Pubblica Sicurezza, ai quali ho dato prova documentata di ciò che sostengo e che allego, ho chiesto all'ASCA, tramite un legale, di avere la possibilità di controbattere a quanto di diffamatorio è stato detto su questa vicenda.
La mia replica, seppure in modo parziale e incompleto, ora è stata pubblicata dall'agenzia che per prima ha dato credito a quanto dichiarato dall' "eroe" Massimo Cibelli, ma ad oggi, a distanza di giorni, in pochi l'hanno ripresa. Per dovere di cronaca vorrei aggiungere alcune precisazioni tralasciate nell'articolo.
Nella cronaca dei fatti si dice che il ragazzo lavorava nel chiosco bar da 6 mesi.
In corso d'opera si cambia versione e i giorni diventano circa 30.
In realtà sono stati effettivamente solo 15.
E' infatti assente in diverse circostanze, soprattutto di domenica come si può evincere dagli SMS che invia in extremis per darmene comunicazione e altre volte si presenta in ritardo.
Cibelli dichiara di aver lavorato in nero e per questo motivo quando i Carabinieri sono entrati nel locale per chiedergli i documenti affinché depositasse quanto sapeva sull'accaduto io sarei andato su tutte le furie e tra noi sarebbe scoppiata una piccola bagarre. Gli avrei rimproverato di essersi intromesso per soccorrere quel ciclista e che per questo le forze dell'ordine potevano scoprire questa irregolarità e farmi chiudere il locale.
Tanto per cominciare sul posto non sono intervenuti i Carabinieri ma i Vigili Urbani, i quali potevano multarmi ma non per questo farmi chiudere il locale.
Non ho mai avuto personale che non avesse un regolare contratto e lui non avrebbe fatto eccezione.
Si era presentato da me in cerca di occupazione, dicendo che aveva necessità di lavorare subito perché, non essendo di Roma, aveva bisogno di denaro per pagarsi un alloggio. L'ho quindi preso in prova per alcune ore al giorno con la richiesta di farmi avere, al massimo entro il 1° maggio, la documentazione necessaria per essere registrato. Nel frattempo era in attesa di trovare un domicilio stabile (vedi SMS dove comunica di aver appena trovato casa).
Quando afferma di essere stato liquidato con 200,00€ dichiara, anche in questo caso il falso.
Infatti, come attesta la ricevuta scritta e firmata di suo pugno,che ho depositato agli atti, il suo compenso per le ore lavorate è stato di 350,00€.
Tra le "incongruenze" riportate in quanto ha dichiarato c'è l'affermazione nella quale sostiene che il giorno dopo l'incidente si sarebbe presentato da me al chiosco alle ore 15,00 e in quel momento gli avrei detto che non avevo più bisogno di lui e per i motivi che ho detto prima.
E' successo invece che ho ritenuto di non aver più bisogno della sua collaborazione, dal momento che per l'ennesima volta si era presentato al lavoro in ritardo, arrivando non come sostiene alle 15.00 ma solamente intorno alle 18.00.
Tanto è vero che alle h.15.13 mi invia sul cellulare una comunicazione con la quale mi informava che doveva ancora prendere i mezzi per arrivare.
Dichiara di aver detto al suo responsabile che era stato malato di cancro ai polmoni, ma a me personalmente non ha mai detto nulla in tal senso, e anzi fumava regolarmente durante la giornata.
Mi ha parlato semmai di un principio di gastrite e che una domenica, quella di Pasqua, non era venuto al lavoro proprio per effettuare una gastroscopia.
Dice che quando è successo l'incidente c'era moltissima gente ma che nessuno è intervenuto. Non è esatto. Io, lui e una terza persona siamo stati i primi a chiamare i soccorsi.
Dal 118 hanno risposto per primi al suo telefono. Lui però, spazientito dalle richieste di prassi dell'operatrice, in modo alterato la manda a quel paese, e interrompe la telefonata che continuo io rispondendo alle domande che venivano poste per l'invio dei soccorsi.
Dopo circa 10 minuti arrivava per prima un'auto di pronto soccorso con 2 operatori a bordo, e il Cibelli è rimasto li non so cosa stava facendo visto che erano arrivati 2 operatori qualificati. Il resto lo sapete già. Una storia amara per tutti e in tutto il suo complesso!
In fede
Giuseppe Bracaloni