Aosta, 14 giugno 2013. - di Giancarlo Borluzzi
Vidi la prima distruzione (di un guardrail nuovo perché la strada stessa è stata completamente rifatta) solo dall'auto, ora ho giudicato la versione due del guardrail e attendo di vedere se la versione tre sarà effettivamente altra cosa rispetto alle due precedenti. Non pensavo di scrivere questa lettera, che quindi contiene dati "a memoria" e imperfetti nel dettaglio ma concettualmente tali da centrare gli errori progettuali. Per oltre 150 metri era posto un guardrail prefabbricato che ha sopportato perfettamente l'impatto: ha ceduto invece l'ancoraggio, progettato in maniera incongrua in rapporto agli sforzi cui doveva far fronte. Chi si ponesse sulla strada e di fronte alla parte distrutta, vedrebbe in sequenza quattro tratti diversi di ancoraggio.
Da sinistra verso destra (e quindi da monte a valle): il primo e il terzo tratto su cordolo in calcestruzzo, cioè un muro di bordo che termina a livello stradale e su cui è stato ancorato il guardrail nei suoi due posizionamenti. Sulla sommità di questi due tratti di muro si notano ancora gli agganci del guardrail distrutto due inverni fa, agganci ogni due metri di cui sbucano dal calcestruzzo grosse viti. L'inverno scorso è stato affrontato da altri agganci di cui si nota ancora ogni due metri, in posizione diversa ma vicina agli ancoraggi precedenti, una piastra metallica bloccata da quattro grosse viti senza testa (più grosse delle precedenti) che fuoriescono dal calcestruzzo. Il secondo tratto mostra, incredibilmente, solo buchi nel terreno: non ho operato per vedere se e quale fondazione avesse l'aggancio del guardrail in questo tratto.
Di certo, la parte di guardrail che va dall'estremità sinistra del primo tratto con agganci su muro si è spezzata proprio all'estremità destra del secondo tratto su terra (punto ove inizia il terzo tratto, con agganci su muro) ed è visibile nel baratro sopra alla valanga, intatta per 80/90 metri e identica all'altro tratto di guardrail nel baratro, quello che va dall'estremità destra del quarto tratto al punto ove i tratti due e tre si toccano. Il tratto quattro evidenzia la mancanza di muro e, uscenti dal terreno, dei pilastrini metallici ricoperti di legno intuitivamente ancorati a calcestruzzo sottostante non visibile; pilastrini che dovevano ancorare questa parte di guardrail che, ripeto, è integro anche se nel precipizio. L'errore, singolare in quanto un bis, è consistito nel non prevedere correttamente le forze della neve sul fulcro posto nell'ancoraggio tra guardrail e muretti (tratti uno e tre) e tra guardrail e probabile fondazione interrata nel tratto quattro. Il tratto due è forse il maggior imputato: sono proprio le parti con ancoraggi non su muro ad aver presumibilmente ceduto trascinando anche gli ancoraggi su muro, forse a loro volta sottodimensionati. Tutto questo per indicare che il bis dell'errore umano non può essere sminuito incolpando la neve col rischio di ulteriori sottodimensionamenti che porterebbero alla distruzione tre e all'approntamento di una versione quattro degli ancoraggi del guardrail. I ciclisti a stelle e strisce, provenienti dal Colorado, Stato montano per eccellenza, sorridevano con me alla vista di questo pastrocchio che non può essere misconosciuto da motivazioni insostenibili.