Aosta, 16 luglio 2013. - di Giancarlo Borluzzi
Contestai tale singolare comportamento attestante le mani bucate nei confronti dei ripristini e dettagliai ancora di più l'aspetto tecnico. Mi aspettavo, eventualmente, la replica di un ingegnere dell'Anas; invece è giunta il 14 luglio da parte del solito responsabile delle relazioni esterne (persona che sicuramente non ha visto le distruzioni di cui si parla e forse non è mai stata al Gran San Bernardo) una lettera chilometrica in gran parte illustrante l'interesse generico dell'Anas per la sicurezza, fatto estraneo al tema, riguardante invece la concreta denuncia del fatto che per due volte si è dimostrato errato il dimensionamento degli ancoraggi.
Su ciò l'Anas doveva esprimersi, non delegare a persona brava di penna ma senza dimestichezza con l'ingegneria il compito di scrivere che " i dispositivi sono a norma": io non ho giudicato l'osservanza dei protocolli interni, bensì detto che i dispositivi vanno progettati in modo da resistere alle slavine e se ci sono due crolli in due anni significa che le "norme" non funzionano e quindi vanno cambiate a meno che ci sia un'intima soddisfazione nel buttare via soldi reiterando gli interventi ogni post-inverno. Inoltre, il signor Scanni si dimostra singolarmente disinformato sull'argomento quando scrive che "le barriere di sicurezza sono infisse nel terreno attraverso opportune piastre di ancoraggio" (espressione insensata: le piastre fanno parte di quanto è intermedio tra fondazione e struttura esterna e, in quanto tali, non costituiscono quell'ancoraggio di cui sono invece una parte).
La verità è invece la seguente: i 160 metri crollati vanno suddivisi in quattro parti uguali; salendo, la seconda e la quarta presentano barriere non infisse nel terreno, come la fantasia spinge il signor Scanni ad affermare, ma ancorate a muri di bordo attraverso ancoraggi (con piastre) non "opportuni" bensì errati nel calcolo visto che sono crollati in due inverni consecutivi. La terza parte che si incontra consta di barriere le cui componenti verticali non presentano ancoraggi a fondazioni per la semplice ragione che non esistono fondazioni! Neppure la prima parte evidenzia quanto il signor Scanni scrive perché effettivamente le barriere entrano nel terreno per ancorarsi ad esistenti fondazioni (per sapere se con piastre o meno si dovrebbe scavare), ma il collasso strutturale dimostra anche qui il carattere non "opportuno" della struttura di aggancio.
Questo carteggio evidenzia che la Cina sarà vicina, ma l'Anas appare lontana dalla Valle se, a considerazioni tecniche dettagliate su un caso specifico, replica con lettere caratterizzate da una finalità propagandistica estranea alla focalizzazione della tematica, necessaria per scongiurare, dopo il bis nell'errore progettuale, anche un prossimo tris che, più che stupori, causerebbe sorrisi.