Aosta, 2 aprile 2014. - di Giancarlo Borluzzi
Mi riferisco al fatto che, nella conferenza stampa a Londra, tenuta congiuntamente al premier inglese Cameron al termine dell'incontro al numero 10 di Downing Street, Matteo Renzi si è espresso in italiano, come visibile in varie reti televisive. Non è che il nostro Presidente del Consiglio non si sia mai cimentato con l'inglese in altre occasioni pubbliche, ma l'esito ne ha evidenziato una conoscenza tale da dover escludere l'esprimersi in tale idioma a Londra, culla di questa lingua.
Oggi la conoscenza dell'inglese è importante per tutti, ma imperativa per ogni leader di un Paese avanzato che deve intrattenere rapporti planetari. Rendersi ferrato in questa lingua non sarebbe stato un pregio per il nostro primo ministro, solamente un fatto doveroso.
Fosse stato sindaco non di Firenze, ma di Aosta, località handicappata da uno Statuto regionale anacronistico in quanto calibrato su un trapassato non resuscitabile, Matteo Renzi avrebbe potuto accampare in Italia qualche scusante, come ipoteticamente potrebbe averne il suo referente locale Fulvio Centoz se dovesse far fronte a impegni internazionali e conoscesse l'inglese come il suo riferimento nazionale. Ma la triste realtà è che Renzi ha fornito una dimostrazione di provincialismo che si ripercuote sul paese rappresentato, il nostro, e può subliminalmente condizionare la disponibilità di investitori stranieri ad operare in Italia. Lo stesso provincialismo, evidenziato da altri comportamenti, sciorinato a piene mani dai rappresentanti della Valle quando si aggirano a battere cassa in quel di Roma.