Trento, 5 agosto 2014. - di Casimira Grandi
Caro Direttore, mia madre è spirata nella rsa di Gabbiolo martedì 29 luglio p.p., dove era ricoverata dal febbraio 2009; sono stati anni difficili, con molte sofferenze, con 5 ricoveri in codice rosso al P.S. in 4 anni e non poche difficoltà relazionali con l'istituzione, ma anche con un rapporto di reciproca stima con talune persone che vi lavorano. Al loro impegno umano e alla memoria di mia madre dedico questa riflessione.
Non esiste il Genius Loci dei vecchi
Le istituzioni assistenziali sono "comunicazione politica", strumenti di chi governa, spazi pubblici vissuti sovente come corpi estranei dietro monumentali facciate e delimitati da ridenti giardini, che fungono in realtà da emarginanti confini. Autentici trompe l'oeil, questo erano le istituzioni chiuse di ieri di cui le residenze sanitarie assistite di oggi (rsa) sono eredi, luoghi di eutanasia sociale che accolgono persone depotenziate dall'età ed esautorate dalla società in mistificanti ambientazioni.
L'attuale crisi onora l'impegno sociale nei confronti delle persone più deboli, dei "senza voce", lavorando sul tessuto sociale integrante: enfatizzando quindi la "coesione sociale" per la valorizzazione delle risorse, proponendo di razionalizzare la gestione degli interventi di aiuto attraverso questa non facile equazione che, a volte, sconfina nel nulla. Il governo degli anziani istituzionalizzati è una marea montante che propone difficoltà esponenziali verso le quali non c'è comunque un'adeguata risposta, perché arcaici criteri imputano la massa critica della situazione solo alla perdurante crisi economica e non all'incapacità gestionale di enti cristallizzati da obsoleti organigrammi; non è sufficiente scrivere Azienda per rammodernare un'organizzazione, cambiare la mentalità istituzionale richiede strategie ben più affinate e corroborate da più discipline.
La risposta all'emergenza è banalizzata in drastici "contenimenti di spesa" -senza adeguata selezione di spesa- ed è superfluo dire come tale iattura abbia eliminato soprattutto prestazioni sanitarie. In tale ottica, è opportuno ricordare il paradosso dei premi -ingenti- dati alla dirigenza sanitaria: più tagliano più sono premiati! Nello specifico della rsa Civica di Trento, il suo direttore sanitario è stato di assoluta eccellenza, ottenendo il 100% di quanto il datore di lavoro gli aveva richiesto: infatti, ora brilla l'assenza di quel poco che prima c'era.
Su tale sfondo si inserisce anche il dissestato servizio infermieristico, che a Gabbiolo ad esempio affida 58 vecchi -variamente problematici e distribuiti su 3 piani- a
• due infermieri nei turni dalle ore 7 alle ore 21
• 1 infermiere dalle ore 21 alle ore 24
• reperibilità di 1 infermiere in altra struttura per il resto della notte.
E potrebbero esserci ulteriori restrizioni nel servizio: perché questo è! Un servizio che l'utenza paga non poco.
Nella stessa struttura dalle 21 al turno del mattino seguente vi sono solo due operatori.
I commenti sono superflui.
Ferie estive e congedi problematizzano ulteriormente la situazione, con un peggioramento qualitativo nell'assistenza infermieristica dovuto alla quota -fortemente- variabile di personale avventizio (di una cooperativa), banalizzando: quest'ultimi non hanno adeguata conoscenza dell'utenza, aspetto fondamentale nei fragili pazienti geriatrici, un fattore che incide negativamente nella funzionalità della risposta assistenziale. Un tale approccio ha portato domenica 13 luglio al turno pomeridiano fatto con due "infermiere novizie", e anche qui mi astengo dal commentare, confermo tutta la stima alle giovani professioniste e stigmatizzo una volta di più l'incapace dirigenza.
L'infermieristica e l'assistenza -genericamente intesa- nelle rsa formano un connubio indissolubile. L'assistenza agli anziani istituzionalizzati è un continuum salute-malattia, che nell'ultima età di vita dell'essere umano è inestricabilmente legata ai bisogni più profondi ed essenziali.
Le dimensioni della struttura fisiologica (mangiare, bere, respirare, eliminare), sociale (sistema politico, fattori economici, fattori politici) e culturale (valori, credenze, stili di vita) devono essere integrate per assistere la persona secondo un approccio olistico articolato, in cui l'utente riacquisti centralità nei confronti del mantenimento del più alto livello di qualità di vita possibile, che è ontologicamente fondante di tutte le professioni sanitarie: a cominciare proprio da quella infermieristica. La figura dell'infermiere, quindi, assume centralità nell'erogare assistenza individualizzata ai sempre più numerosi utenti multiproblematici che popolano le rsa (e che, ricordiamolo, non sono solo anziani...). Il futuro che ci attende è già presente in altre realtà del mondo occidentalizzato, pertanto urge una revisione da parte della dirigenza dei valori sanitari, di teorie e modelli di comportamento allo scopo di sviluppare un corpo scientifico ed umanistico di conoscenze, per dare indicazioni di assistenza infermieristica consona ai nostri tempi di vita, in una Civica ancora troppo pervasa dall'anacronistico caritativismo dell'ospizio di buona memoria.
Nell'insieme, necessita uno sviluppo assistenziale capace di superare l'imperante ipocrisia sociale di una vecchiaia che declina dolcemente nei "non luoghi" dei gerontocomi, dove si pontifica l' "azione regolativa dalla quantità alla qualità con effetti di complessificazione degli elementi nella determinazione degli standard di processo", un sociologese da rifiutare a priori; tanto quanto è repulsiva l'insultante infantilizzazione di attività e ambienti di vita, finalizzati a comunicare tale mistificante messaggio: in primis per rasserenare i parenti, perseguendo al contempo l'obiettivo di omologare sino a cancellare i vissuti individuali in un "badantato collettivo".