Trento, 6 ottobre 2014. - di Gabriella Maffioletti*
Egregio Direttore, chiedo cortese ospitalità nelle pagine del Suo giornale per pubblicare questo mio intervento a commento dello spunto di oggi sull'art. 18). Ringraziando anticipatamente per la disponibilità che auspico in tal senso mi si vorrà accordare porgo cordiali saluti.
Gentile Direttore,
ho letto con molto interesse e crescente condivisione la lucida e accurata analisi prodotta in seno al tanto discusso e controverso tema dello Job acts e sul superamento dello scoglio ideologico dell'art. 18 pubblicata domenica u.s. nelle pagine dell'Adige a firma del direttore Pierangelo Giovannetti.
Concordo in tutta la ricostruzione prodotta a sostegno della tesi che vede la CGIL (con Camusso e Landini contrapposti su tutto tranne che su questo pretestuoso baluardo di resistenza) alleati con gli schieramenti politici della sinistra radicale accomunati dal tentativo tardivo e nostalgico di recuperare attraverso uno status symbol quella "fiamma" che riaccenda i cuori dei nostalgici, di quelli che vorrebbero traghettare ora le fila sempre più ingrossate dei disoccupati, cassa-integrati, precari e indigenti, che un tempo erano loro il core-business di elettori e sostenitori. In un momento storico che vede l'Italia affrontare una crisi pari a quella del '29 in virtù del fiscal compact e della recessione economica, la CGIL e i partiti della sinistra radicale sbandierando la sacralità dell'art. 18 e la loro strenua irriducibile difesa su quello che a tutte le risultanze si profila come un falso problema. Lo fanno evidentemente in modo anacronistico parlando di tutele ormai inesistenti naufragate nel "mare nostrum" della deflazione e sul trend della crescita delle nuove povertà sociali nostrane con tutta evidenza speculativa di tentare un rilancio di immagine che riproponga la stessa sopravvivenza delle rispettive sigle sindacali e partitiche che tanto fanno sfoggio di prove muscolari su quelli che negli anni '60-'70 erano i punti cardine della azione del duopolio CGIL-PC (ora sinistra e libertà, parte del PD e rifondazione comunista).
La defezione degli iscritti risiede proprio nel fatto che ormai i lavoratori non hanno più alcuna tutela e nessuno che li rappresenti nelle loro aspettative legittime in cui tutti i responsabili decisionali hanno fallito. Personalmente incontro tantissimi appartenenti a categorie di invalidi certificati da situazioni di handicap superiori al 67% che di fatto sono costretti a lavorare come lavoratori perfettamente abili perchè la grave crisi lavorativa che attanaglia e rende asfittica anche la nostra situazione demografica ed economica trentina li mette al bivio tra scegliere di lavorare a tutte le condizioni o lasciare il lavoro per presunte cause oggettive.
Il potere contrattuale nei confronti di queste casistiche, come di quelle delle donne lavoratrici che richiedono per motivi famigliari il part- time si riduce ad un lumicino e le tutele sindacali anche per questa sempre più crescente gamma di lavoratrici madri sono pressochè nulle calate nel contesto lavorativo odierno dove il problema vero è la mancanza di opportunità di lavoro remunerativo e premiante . Personalmente ho accompagnato una madre che lavora in una nota industria trentina che ha sedi in loco (e nei Paesi Asiatici) dalla consigliera di pari opportunità perchè a giugno le scadeva il contratto annuale di lavoratrice part-time con orario verticale flessibile in virtù della necessità di conciliare attività lavorativa con la necessità di prestare al figlio quella serie di assistenza prevista a livello teorico dalla legge 104 ma priva di un regolamento esecutivo che vincoli in datore di lavoro al rispetto della disciplina. Ho potuto così vivere di riflesso nella sua travagliata vicenda il triste pellegrinaggio che tale vuoto legislativo comporta a coloro che si trovano in tali situazioni che costringono il richiedente in prossimità della scadenza della concessione a umilianti trattative unilaterali.
Ho scoperto così che sono 50 in Trentino le donne lavoratrici a trovarsi in analoghe condizioni con la prospettiva in caso di negazione del rinnovo di rimanere a casa e senza un lavoro che possa contribuire a mantenere gli oneri economici famigliari . E ancora giustamente, la grande falla rappresentata dall'assenza di un futuro di vita che possa dare ai nostri giovani certezze in campo lavorativo di vita dignitosa , la privazione della speranza che alimenta lo slancio coraggioso nella sfida alla immissione nel mondo del lavoro di impresa che produce ricchezza e crea posti di lavoro , dato noto il contesto in cui le imprese si devono muovere (difficoltà accesso al credito , burocrazia e regime di tassazione ) ed in ultimo la quasi certa assenza di tutele pensionistiche da parte dello Stato per le nuove generazioni! Sul grande tema del lavoro e della costituzione di uno Statuto dei lavoratori al passo con i tempi e garante di tutti i lavoratori autonomi con partite IVA e dipendenti pubblici si sono avanzate negli anni '60 pretese e tutele troppo spregiudicate sia a livello sindacale che a livello politico (vedi scandalo delle baby pensioni) , lo spreco poi di denaro pubblico in maniera sconsiderata e irrazionale in larghi settori della pubblica amministrazione insieme alla costante incentivazione di comportamenti individuali che siano di rispetto verso la consapevolezza del mantenimento del posto di lavoro che passa attraverso la presenza e la redditività hanno contribuito ad acuire lo stato di indebitamento pubblico. Ora che i danni sono stati fatti proprio in particolare dalla CGIL e dalla sinistra oltranzista, per alimentare campagne di tesseramento i primi e consensi elettorali i secondi, si cerca di rifarsi uno smalto perduto ma la partita ha risvolti sempre più pesanti.
* consigliere comunale di Trento
Cara Gabriella, come sempre diamo spazio su Trentino Libero a chi ( non importa chi è o come la pensa) ce lo chiede perché questa è la nostra filosofia. Di solito non commento gli articoli che giungono in Redazione. In questo caso mi permetto, anche per l'amicizia, un piccolo strappo alla regola e Ti dico subito che la cancellazione dell'art. 18 o l'anticipo in busta paga sono solo trovate di sapore clientelare e demagogico perche lavoro e produzione si garantiscono solo se si demoliscono le rendite di posizione che si sono costruite ai vali livelli e su tutto il territorio nazionale. E chi lo dice non simpatizza né per la sinistra né per la CGIL. Sono di destra fino al midollo, perché la destra quella vera (non quella di Berlusconi o di Alafno ecc.) è sociale o non è destra!
Tanto ci sarebbe da dire a questo proposito. Mi limito a suggerirti la lettura di due miei recenti articoli: Art. 18, la "frana" di Renzi e compagni! e La minoranza dem. cala le brache, Renzi vince: al diavolo il lavoro e i lavoratori .
Troverai, non solo valutazioni politiche; anche un piccolo modesto contributo di natura professionale. Si vuole veramente la crescita dell'Italia? Fuori dall'euro, ripristino della sovranità montaria (non esiste sovranità popolare se il popolo non è propreitario della moneta), riforma del fisco con l'abbattimento per tutti della pressione fiscale, ormai insostenibile! Infine ti pare possibile che per parlare di riforma del lavoro si debba ricorrere all'anglicismo "job acts"? A me non pare affatto possibile. E' cosi bella la nostra lingua........ Buon lavoro e cordiali saluti. Claudio Taverna