A una mia lettera sull'argomento ha replicato il signor Chiodo: poiché a una prima lettura il suo scritto risultava imperniato su due diversi ma indubbi errori, ho riletto la lettera, questa volta dalla fine all'inizio, e ho trovato conferma alle due critiche. La prima: io stigmatizzavo la prassi del non rappresentare in Parlamento la Valle, bensì una sua deformazione collimante con anacronistiche fantasie.
Ultima perla, l'iscrizione di Rudi Marguerettaz al gruppo degli eletti in Alto Adige, provincia ove la minoranza linguistica tedesca è giustificata da un idioma parlato dal 70 per cento dei residenti 24/24, mentre in Valle saranno al massimo 70 persone su 125mila che talora parlano francese nella giornata.
In replica al mio scritto imperniato sul comportamento di Marguerettaz, Domenico Chiodo ha sciorinato una lunga quanto spuria precisazione sul fatto che nella provincia di Bolzano il tedesco è insegnato a scuola e viene utilizzato dai media e nelle occasioni ufficiali, mentre viene mescolato, generalmente in forma minoritaria, a un dialetto di origine tedesca.
Verità nota, ma attinente alla sostanza della mia lettera quanto il dentifricio sui maccheroni perché gli idiomi altoatesini erano un mero contorno nel mio ragionamento. La seconda critica, più sostanziale, è rivolta a quella che pare essere la sotterranea volontà del replicante: sostenere che la lingua generalmente parlata dal gruppo germanico nel quotidiano sta alla lingua tedesca quanto il patois starebbe in al francese, insinuando che Marguerettaz si è assiso nel gruppo dei tedeschi per affinità metodologiche in quanto i territori di riferimento sarebbero linguisticamente caratterizzati da dialetti.
Anche qui, doppio errore: il concetto di minoranza linguistica concerne (giustamente) la lingua tedesca in Alto Adige e (erroneamente, perché i riconoscimenti non più reali vanno cancellati) il francese in Valle d'Aosta.
Fingere dunque che il gruppo delle minoranze linguistiche si regge sulla presenza di dialetti è insensato perché il riconoscimento riguarda lingue e non dialetti; ma soprattutto "non licet parva componere magnis", cioè porre in uno squilibrato parallelo gli utilizzi linguistici assolutamente maggioritari in Alto Adige con quelli del tutto marginali in Valle d'Aosta, ove il francese è parlato da meno dell'uno per mille dei residenti e un dialetto valdostano, che solo in certe parti della regione prevale su quello piemontese ed è superato dal calabrese ad Aosta, è parlato dal dieci per cento dei residenti.
In Valle gli abitanti sono indolenti di fronte alla falsa descrizione che si fa delle loro caratteristiche, per cui va stigmatizzata la lettera del signor Chiodo, utile solo a confondere le idee e a perpetuare il malvezzo del propagandare al mondo una realtà linguistica valdostana stridente con quella verificabile in ogni angolo della regione.