Trento, 3 ottobre 2015. - di Claudio Cia*
Signor Direttore, la recente disavventura di due donatori di sangue è da un lato incredibile, dall'altro l'inevitabile esito dell'organizzazione rigidamente burocratica della sanità in Trentino.
Dunque, i due donatori di cui trattasi si recano alla Banca del sangue di Trento e si sottopongono al relativo prelievo, in seguito al quale si palesa un piccolo problema di coagulazione. I donatori vengono invitati a tenere monitorato il piccolo versamento visibile e lasciano il centro di prelievo.
Il giorno successivo risulta evidente un ematoma sottocutaneo di dimensioni significative quale esito di un versamento ematico importante. I donatori si recano nuovamente presso la Banca del Sangue, e da lì vengono inviati al Pronto Soccorso dell'Ospedale S. Chiara per essere sottoposti agli accertamenti e alle cure del caso. In Pronto Soccorso l'esame della situazione consiglia un trasferimento dei donatori presso l'Unità Operativa di Chirurgia Vascolare, dove vengono sottoposti a specifico trattamento per l'assorbimento dell'ematoma.
Al termine delle cure ricevute, i due donatori si vedono presentare la richiesta del pagamento di 50 euro ciascuno quale ticket per le prestazioni ricevute. Ora, a nessuno sfugge l'assurdità di una vicenda in cui un donatore volontario sperimenta una conseguenza problematica del proprio atto di gratuita generosità e l'intervento per risolvere il problema diventa oggetto di richiesta di un corrispettivo monetario.
L'auspicio è che venga restituito l'importo del ticket ai due donatori e, in prospettiva, prevenire il ripetersi di situazioni tanto paradossali.
* consigliere provinciale-regionale