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Buon senso vs. burocrazia

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Giancarlo BorluzziAosta, 15 dicembre 2015. - di Giancarlo Borluzzi

Egregio Direttore, il buon senso comune dovrebbe posporre la miopia burocratica a un'analisi ragionata di qualsiasi disposizione di legge e suoi dintorni: illustro due casi in cui questo principio è stato disatteso.

La guida alpina Giovanna Mongilardi viene ricoperta da una valanga assieme a un cliente in Valgrisenche durante una gita sciistica con altre persone. E' subito allertato l'elicottero della protezione civile perché ogni secondo perso può essere fatale ai due malcapitati sotto la neve. Nei 15 minuti che intercorrono tra la telefonata e l'arrivo dell'elisoccorso tanto la Mongilardi quanto il cliente vengono felicemente fatti uscire suppergiù incolumi dalla coltre di neve, per cui l'elicottero riparte senza aver offerto alcuna assistenza.

Viene richiesto alla sola Mongilardi il pagamento di 1750 euro (le generalità dell'altro sciatore, astrattamente fruitore in solido, non erano note a chi chiedeva tale somma) in quanto l'elisoccorso era stato inutile.

La normativa dirà così, ma va contestualizzata utilizzando il buon senso comune, facendo cioè riferimento alla situazione del momento della richiesta di intervento: tale chiamata andava fatta tempestivamente per evidenti ragioni e la successiva dinamica positiva degli eventi non cancella la legittimità della sollecita chiamata all'elisoccorso.

Analizzando con ottusa burocrazia il fatto, si potrebbe sostenere che la guida dovrebbe pagare i 1750 euro e poi richiederli a chi ha allertato inutilmente l'elisoccorso senza interpellarla in quanto sotto la neve: comica ipotesi. E' augurabile che chi, con improvvide dichiarazioni, ha sposato la lettera della normativa sui pagamenti dell'elisoccorso si focalizzi invece sullo spirito dell'esistenza dell'elisoccorso stesso: salvare vite umane e comprendere che sono su piani diversi gli sfaticati con equipaggiamento inadeguato e chi è vittima di eventi in cui da tempestive richieste in buona fede dipende la sopravvivenza.

Altro caso di dannosa burocrazia: la posizione di quanti sono responsabili a livello nazionale e valdostano del rilascio di patenti internazionali da utilizzare negli Usa, incapaci di prendere posizione su mie aggiornate esperienze che prevalgono su desuete quanto dannose burocrazie.

La maggiore compagnia di autonoleggio mondiale non mi ha concesso un'auto perché esibivo la patente internazionale senza numero prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1949 consigliatami a Saint Christophe. Informo che il responsabile nazionale delle patenti internazionali mi ha scritto nei giorni scorsi ripetendomi inutilmente il ritornello che già mi ero sorbito dal responsabile valdostano specifico, quello secondo cui ci vuole la patente "ginevrina" mentre ho sempre noleggiato negli Usa senza problemi con quella secondo la Convenzione di Vienna del 1968 che riporta un numero.

Fortunatamente avevo la patente italiana che, secondo il Ministero dei Trasporti in una sua recentissima circolare (a firma proprio di chi mi ha scritto!) non sarebbe stata regolare in Texas: come far capire a questi signori che devono confrontarsi con la prassi e non con regole burocratiche ricoperte di muffa e quindi disattese proprio in quegli Usa in cui dovrebbero essere osservate?

Sono stato localmente fermato decine di volte dalla polizia stradale che nulla ha eccepito sulla mia patente "viennese"!

La miopia burocratica va dunque sempre accantonata a favore di un'analisi ragionata dei fatti: la vita è ordine, ma l'ordine non è la vita. Anzi, può essere la morte sia se si attende prima di allertare l'elisoccorso, sia se si uccide un'esperienza di vita solo perché si arriva in un bel posto con una patente di guida non accettata anche se sponsorizzata dai funzionari del Ministero cui le prassi effettive negli Usa non paiono interessare.

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