Trento, 29 dicembre 2015. - di Claudio Cia*
Ci eravamo ormai rassegnati a una simile prassi perché la maggioranza di osservatori aveva volontariamente scelto di non far parola di un fatto ovvio a tutti, fingendo di non vederlo. Ora però con autorevolezza qualcuno ha avuto il coraggio e la forza di gridare che "il re è nudo", e così l'antico incantesimo è stato spezzato. C'è chi balbetta sorpreso, chi si straccia le vesti, chi invece corre ai ripari perché colto in fallo. Come un adolescente Rossi, che prova invano a giustificare la deleteria amministrazione della cosa pubblica. Le palesi omissioni, i gravi abusi e i pericolosi giochi di prestigio per nascondere la reale situazione finanziaria della PAT, questa volta non passeranno inosservati: esiste un colpevole le cui azioni costituiscono uno sfregio indelebile all'autonomia che tanto decantiamo.
Rossi non ha scuse, non è un politico caduto con l'ultima pioggia. Quanto rilevato dalla Corte dei Conti è riconducibile ad un sistema di potere e di occultamento di evidenze pianificato e costruito ad arte già nella trascorsa "era Dellai", nella quale anche Rossi era un protagonista con un ruolo stabilito: pertanto non è avventato supporre che il suo ambiente di lavoro lo abbia portato a conoscere determinate realtà. Il mio auspicio più grande è che la deliberazione della Corte sia solo l'inizio di un processo più ampio, che finalmente contribuisca a far luce su ampie zone d'ombra, di cui nemmeno il governo Dellai può davvero reputarsi esente.
* consigliere provinciale-regionale