Trento, 26 novembre 2013. - a cura del CRTCU di Trento
La pubblicità non era dichiarata come tale ed è stata illegittimamente infilata tra le altre notizie. L'articolo era strutturato per fare intendere che si trattasse di uno strumento di educazione al consumo, con interviste di due rappresentanti di Unicredit che hanno parlato di Edutainment, educazione e intrattenimento.
"Un'unica parola va invece usata: pubblicità!" lapidario commenta Carlo Biasior, direttore del CRTCU.
La pubblicità redazionale, cioè camuffata da notizia è vietata, e per questo il CRTCU ha inoltrato una segnalazione all'Antitrust.
Ricordiamo la definizione che il codice del consumo dà di educazione al consumo (art. 4 co. 2 Cod. Cons.): "Le attività destinate all'educazione dei consumatori, svolte da soggetti pubblici o privati, non hanno finalità promozionale, sono dirette ad esplicitare le caratteristiche di beni e servizi e a rendere chiaramente percepibili benefici e costi conseguenti alla loro scelta".
I video della sit-com di Unicredit sono privi di qualsivoglia contenuto educativo informativo e hanno l'unica funzione di rimandare ad una pagina del sito della Banca che promuove conti correnti on line e servizi bancari.
La natura pubblicitaria di una comunicazione riposa sulla circostanza della presenza di "uno scopo di promuovere la vendita di beni ... oppure la prestazione di opere o di servizi" (art. 2, c. 1°, lett. a, d.lgs. n. 74/1992), fine che è evidentemente incompatibile con quello, giornalistico, di fornire un'informazione obiettiva.
Lo ha stabilito il Tar del Lazio, con la sentenza n. 8919/2003, ricordando che nell'ambito del divieto di pubblicità occulte ricadono, in particolare, le ipotesi di pubblicità tradizionalmente denominata "redazionale", la quale si rivolge al pubblico con le ingannevoli sembianze di un normale servizio giornalistico, apparentemente riconducibile ad una disinteressata scelta della redazione.