Trento, 30 novembre 2013. – di Claudio Taverna
La tassazione sulla casa (in generale su tutti gli immobili) riemerse nel 1992, con il governo Amato (quello della rapina sui conti correnti, giustificata necessaria per entrare in Europa) che inventò l'ICI (l'imposta comunale sugli immobili) L'ICI operò con alterne fortune (Berlusconi ne promise l'abrogazione per la prima casa nella campagna elettorale del 2006, ma perse seppur di poco le elezioni; poi, Prodi introdusse, nella finanziaria 2008, un sistema di detrazioni che di fatto cancellò l'imposta sulla prima casa). Dopo la vittoria di Berlusconi del 2008, l'ICI sulla prima casa venne definitivamente e formalmente abolita e sostituita nel 2011 dall'IMU che avrebbe dovuto tassare, a favore dei comuni, tutti gli immobili ad eccezione della prima casa. Poi arrivò Monti che la estese anche a questa. Infine arrivarono, nella scorsa primavera Letta & Saccomanno che, con artefici dialettici, promisero la soppressione della prima e seconda rata IMU: una promessa taroccata almeno per milioni di cittadini (un migliaio e forse più i comuni che nel frattempo avevano alzato l'aliquota dello 0,1%, per cui per coprire il bilancio degli stessi, a carico dello Stato e dei cittadini resterebbe lo 0,05%).
L'IMU doveva essere sostituita dalla Trise, che accorpa l'IMU (tassazione sugli immobili) e Tares (tassa sui rifiuti e servizi comunali), ma non sarà così: è spuntata, dopo la legge di stabilità (approvata dal senato, ora è alla camera dei deputati) la TUC (tassa unica comunale). Cambiano le sigle, ma la sostanza è sempre quella: la casa sarà tassata ancor più di prima, in un quadro sempre più confuso e intricato. Risultato, in questa confusione sarà più difficile difendersi in sede giurisdizionale. Anche questo, un risultato pesantemente avverso al buon diritto del cittadino.